TRAMA:
Asa Mulvaney è la metà di un intero psicopatico. Lui e il suo fratello gemello vivono insieme, fanno festa insieme… ammazzano insieme. Del resto per i Mulvaney l’omicidio è l’attività di famiglia, e gli affari vanno bene. Così, quando un esperimento separa i gemelli, Asa è costretto a farsi strada nel mondo da solo per la prima volta nella sua vita.
Zane Scott è un blogger da quattro soldi che si occupa di criminalità, ma che sogna una firma su una testata importante, e i suoi sospetti riguardanti Thomas Mulvaney stanno per rendere quel sogno una realtà. Tuttavia, quando viene invitato a una noiosa raccolta fondi e quello che si trova davanti non è il miliardario che sta seguendo come aveva sperato, bensì Asa Mulvaney, Zane si ritrova intrappolato in una gabbia da lui stesso creata, perché a quella festa non può fare a meno di condividere con il gemello un incontro intenso e appassionato.
Nel frattempo, in un college vicino, c’è un focolaio di suicidi, ma la situazione è ben diversa da quella che sembra. E quando suo padre gli chiede di indagare, Asa vede l’opportunità perfetta per sfruttare il suo piccolo giornalista e rimetterlo in riga. D’altronde ha bisogno che questo accada. Zane è sospettoso circa le sue motivazioni, ma anche mezzo convinto che morirà in ogni caso, eppure non ha alcuna intenzione di dire di no alla possibilità di sbirciare dietro le tende della famiglia Mulvaney.
Così i due portano alla luce una storia alquanto sinistra, ma al contempo l’ossessione di Asa per Zane cresce, e Zane scopre che essere l’unico focus di Asa è più importante quasi di tutto, forse persino della sua carriera – il che è un bene per Asa, perché amare un Mulvaney è un lavoro a tempo pieno. Riuscirà a convincere Zane che vale la pena entrare a far parte di una famiglia di psicopatici e a tollerare un gemello così vicino da risultare fin troppo fastidioso? O Zane imparerà nel modo peggiore che i ragazzi Mulvaney ottengono sempre quello che vogliono? Perché è così: lo ottengono sempre.
RECENSIONE: Un suicidio che non è un suicidio, uno psicopatico omicida e un giornalista ficcanaso che minaccia di rivelare tutto. Questi sono gli ingredienti principali del quarto volume di una serie fuori dal comune ma, a differenza degli altri libri, questi ingredienti non sono stati ben dosati ed è uscito fuori un disastro. Asa senza il fratello non funziona! È noioso, senza quella grinta che rende i gemelli così belli. Il giornalista avrebbe potuto dare di più ma è stato smorzato dall’altro protagonista che gli ha tarpato le ali. La chimica tra i due protagonisti c’è ma alcune dinamiche tra di loro sono molto esagerate, al limite della violenza vera e propria. L’unica cosa che salva il libro è la presenza degli altri psicopatici coi loro compagni, che alleggeriscono l’atmosfera e rendono il libro più gradevole. Una cosa che però mi è piaciuta, sia in questo che negli altri volumi, è il modo che la famiglia Mulvaney ha di inglobare al suo interno i partner che vanno via via trovando. Anche se Zane ha una famiglia di merda, trova la sua nuova famiglia grazie agli psicopatici che lo accettano con tutte le sue stranezze. Questa è l’unica cosa che mi sento di salvare, per il resto, questo libro raggiuge a malapena la sufficienza.